mercoledì 3 ottobre 2007

Quattro pistole

È notizia di questi giorni che l'ex-Brigatista Rosso Cristoforo Piancone, in semi-libertà, ha tentato una rapina armata in Banca ed è stato arrestato. Si riaccendono le solite polemiche: gli anni di piombo che non si possono chiudere, il garantismo, la certezza della pena, cose così.

Alla radio sento qualcuno che ricorda che c'è una responsabilità dei giudici, che decidono se concedere il regime di semilibertà o le altre forme alternative alla detenzione. E quindi che, alla fine, è una questione di buon senso più che di regole.

Sempre dalla radio, qualcun altro (che pure lavora nell'immensa macchina della giustizia, anche se non ricordo in che ruolo) cerca di lavarsene le mani e scrollarsi di dosso questa responsabilità: a certe categorie di persone non bisognerebbe dare queste possibilità, punto e basta. (Ma lui non dice "persone": dice per certe categorie di reati, e così è tutto più facile, perché non stai parlando del tuo potere sulla vita di qualcuno, ma di una cosa astratta e sempre deprecabile come un reato, che tutti vorremo senza dubbio vedere cancellato dal mondo.)

Qualcun altro sostiene che i giudici devono prendere una decisione difficile, nel valutare se qualcuno è pronto per ritornare, sia pure a tempo parziale, alla vita civile. Devono valutare se dargli fiducia. (Ma lui dice: "I giudici devono prevedere il futuro", per sottolineare l'enorme difficoltà).

Mi vengono in mente due cose.

Primo, che come al solito in tutte queste discussioni sparisce il caso concreto: si parla per astrazioni (il garantismo, la certezza della pena, etc.) e nessuno va a vedere cosa è veramente successo. Per esempio, le motivazioni con cui è stata concessa la semi-libertà. [1] Per esempio: come vengono prese queste decisioni? Chi sono i consulenti del giudice in questi casi, chi gli fornisce le informazioni? (Perché non è che un giudice si mette lì e tutti i giorni per 17 anni va a vedere cosa fa un detenuto in carcere: c'è qualcun altro che —forse— lo fa e riferisce.) Quali informazioni vengono prese? Da chi? Con che criterio vengono valutate?

Secondo: questo si presenta a fare una rapina con quattro pistole, un complice ed una moto rubata a Giugno, e nessuno finora si era accorto di niente? Il Questore di Siena dichiara che questi permessi sono rilasciati troppo presto, e che “Se fosse morto un poliziotto, avrei avuto qualche difficoltà a spiegare dai suoi familiari perché un ex brigatista fosse in regime di semilibertà”. A me sembra che dovrebbe invece avere difficoltà a spiegare come sia possibile che qualcuno in regime di semi-libertà possa procurarsi quattro pistole, un complice, rubare una moto e pianificare una rapina senza che nessuno, nessuno si accorga di nulla.

Viene da pensare, che tutte queste polemiche siano lì solo per nascondere il fatto che in realtà non c'è un apparato intorno alle misure alternative alla detenzione. Che uno viene messo in semi-libertà, o agli arresti domiciliari ed è abbandonato a sé stesso. Ogni tanto passano magari i carabinieri a vedere se ci sei, ogni tanto devi andare da qualche parte a firmare qualcosa. Ma non c'è (o talvolta non c'è, o spesso non c'è) un apparato per il reinserimento, che aiuta a tornare gradualmente ad una vita normale e sorveglia che questo avvenga. Se c'è, sarebbe allora forse meglio chiedersi perché in certi casi non funziona. Se non c'è sarebbe bene che qualcuno lo dicesse, e si ragionasse su questo.

Lo dico così, da ignorante del mondo carcerario e di quello che ci gira intorno. Ma vorrei capire, e qui mi pare che nessuno aiuti, in questo.

[1]Il Ministero dell'Interno ha annunciato una inchiesta, ma noi non ne vedremo mai gli esiti sui giornali. E poi parte una inchiesta ogni volta, e i fatti le polemiche si ripresentano sempre uguali, segno che queste inchieste servono probabilmente a poco. O che non è lì il problema.

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