martedì 20 novembre 2007

Aridatece li testimoni de Geova!

Una, due volte alla settimana. Anche il Sabato mattina. Suonano alla porta, a volte insistono. Non se ne vogliono andare. Se gli dici che non ti interessa, rilanciano.

— “Siamo qui per il telefono.”

— “Forse avete sbagliato campanello? Il mio funziona benissimo.”

— “Ma è un'offerta speciale: con *** il telefono le costa solo
***€ al mese!”

— “Grazie, ce l'ho già e non voglio cambiare.”

— “E l'ADSL? Quanto le costa l'ADSL? Con noi potrebbe avere telefono e ADSL a solo ***€ al mese!”

— “No grazie, ho già l'ADSL con Livecom, ho fatto una scelta etica e non voglio cambiare.”

— “Ma quanto spende per l'ADSL? Con noi costa solo ***€ al mese!”

— “No, grazie, non mi interessa. Ce l'ho già. E ho fatto una scelta etica prima che economica.”

— “Ma noi le diamo anche la carta di credito!”

— “Ce l'ho già, non mi interessa. Grazie. Buona giornata.”

— “Ma quanto spende per l'ADSL? Guardi che con noi costa solo ***€ al mese!”

—“ Aaaarrggghhh!!! Aridateme li testimoni de Ggeova!!!

sabato 20 ottobre 2007

Anni marginali

Dimentico la radio accese, e mi risveglio ascoltando Uomini e Profeti su Rai Radio 3.

Quando ricomincio a comprendere le voci, la trasmissione è già avviata alla fine e si tirano le conclusioni; mi colpiscono le parole con cui Umberto Galimberti conclude e riassume il suo intervento, che pressappoco (riassumo a memoria, e quindi con tuttà probabilità inesattamente) dicono questo: che l'età di maggiore energia e vigore di un individuo, gli anni dai 15 ai 30, vengono sprecati, marginalizzati, nella nostra attuale società. Si è al margine della società perché c'è prima una lunga formazione e un apprendistato infinito, poi l'accoglimento nel mondo del lavoro attraverso lavori precari e saltuari. Dice Galimberti, che i giovani vivono la notte perché non hanno niente da fare nel mondo del giorno.

Questo mi sveglia del tutto, e mi viene in mente un saggio di Paul Graham, che sostiene qualcosa di simile. Graham analizza i meccanismi della popolarità tra nelle scuole americane, a partire dalla propria esperienza di “nerd” continuamente deriso e offeso, e giunge alla conclusione che i meccanismi sociali che si formano nelle scuole dipendono proprio dal fatto che le scuole sono distaccate dalla vita reale. Di più, sono precisamente il modo con cui gli adulti tengono occupati i giovani per non essere disturbati mentre svolgono un lavoro (perdonate la traduzione pedestre e faticosa):

“I teenager avevano un ruolo più attivo nella società. In epoca pre-industriale, erano tutti apprendisti, in un modo o nell'altro, nei negozi, nelle fabbriche, o addirittura sulle nevi da guerra. Non venivano lasciati a creare società loro proprie. Erano membri giovani di società di adulti.

I giovani sembravano aver più rispetto per gli adulti a quei tempi, perché gli adulti erano visibilmente esperti delle competenze che i giovani provavano ad acquisire. Oggi la maggior parte dei ragazzi ha solo una vaga idea di ciò che i genitori fanno nei loro uffici distanti, e non vedono un legame [...] tra lo studio a scuola ed il lavoro che faranno una volta adulti.

E se i giovani avevano più rispetto per gli adulti, gli adulti avevano modo di servirsi dei giovani [...]

Ora gli adulti non sanno che farsene dei giovani. Starebbero tra i piedi in ufficio. Quindi li mollano a scuola, andando al lavoro, quasi come se lasciassero un cane al canile andando via per il week-end.” [1]

Rileggo il resto. E, più lo rileggo, più mi colpiscono i paralleli. Non sono, non possono essere, un caso: due persone diverse ragionano intorno allo stesso aspetto della società con mente analitica, e arrivano a dire cose simili. per esempio, Graham arriva a descrivere l'attitudine degli adolescenti usando la stessa parola, “nichilismo”, che appare nel titolo del saggio di Galimberti.

Possiamo considerarla come una prova che c'è del vero in quello che dicono?

L'analisi di Graham si ferma alla scuola superiore, e visto che è basata sulla sua esperienza personale, considera già gli anni dell'Università come un altro mondo, parte della vita adulta.

Ma qui, dall'altra parte dell'oceano, la società parallela e marginale continua anche dopo.

Ora che ho capito dove sono, qualcuno mi dica come uscirne.

[1]

Da “Why Nerds are unpopular”; il brano originale è poco dopo la metà del saggio, comincia con: “Teenage kids used to have a more active role in society.”

mercoledì 3 ottobre 2007

Quattro pistole

È notizia di questi giorni che l'ex-Brigatista Rosso Cristoforo Piancone, in semi-libertà, ha tentato una rapina armata in Banca ed è stato arrestato. Si riaccendono le solite polemiche: gli anni di piombo che non si possono chiudere, il garantismo, la certezza della pena, cose così.

Alla radio sento qualcuno che ricorda che c'è una responsabilità dei giudici, che decidono se concedere il regime di semilibertà o le altre forme alternative alla detenzione. E quindi che, alla fine, è una questione di buon senso più che di regole.

Sempre dalla radio, qualcun altro (che pure lavora nell'immensa macchina della giustizia, anche se non ricordo in che ruolo) cerca di lavarsene le mani e scrollarsi di dosso questa responsabilità: a certe categorie di persone non bisognerebbe dare queste possibilità, punto e basta. (Ma lui non dice "persone": dice per certe categorie di reati, e così è tutto più facile, perché non stai parlando del tuo potere sulla vita di qualcuno, ma di una cosa astratta e sempre deprecabile come un reato, che tutti vorremo senza dubbio vedere cancellato dal mondo.)

Qualcun altro sostiene che i giudici devono prendere una decisione difficile, nel valutare se qualcuno è pronto per ritornare, sia pure a tempo parziale, alla vita civile. Devono valutare se dargli fiducia. (Ma lui dice: "I giudici devono prevedere il futuro", per sottolineare l'enorme difficoltà).

Mi vengono in mente due cose.

Primo, che come al solito in tutte queste discussioni sparisce il caso concreto: si parla per astrazioni (il garantismo, la certezza della pena, etc.) e nessuno va a vedere cosa è veramente successo. Per esempio, le motivazioni con cui è stata concessa la semi-libertà. [1] Per esempio: come vengono prese queste decisioni? Chi sono i consulenti del giudice in questi casi, chi gli fornisce le informazioni? (Perché non è che un giudice si mette lì e tutti i giorni per 17 anni va a vedere cosa fa un detenuto in carcere: c'è qualcun altro che —forse— lo fa e riferisce.) Quali informazioni vengono prese? Da chi? Con che criterio vengono valutate?

Secondo: questo si presenta a fare una rapina con quattro pistole, un complice ed una moto rubata a Giugno, e nessuno finora si era accorto di niente? Il Questore di Siena dichiara che questi permessi sono rilasciati troppo presto, e che “Se fosse morto un poliziotto, avrei avuto qualche difficoltà a spiegare dai suoi familiari perché un ex brigatista fosse in regime di semilibertà”. A me sembra che dovrebbe invece avere difficoltà a spiegare come sia possibile che qualcuno in regime di semi-libertà possa procurarsi quattro pistole, un complice, rubare una moto e pianificare una rapina senza che nessuno, nessuno si accorga di nulla.

Viene da pensare, che tutte queste polemiche siano lì solo per nascondere il fatto che in realtà non c'è un apparato intorno alle misure alternative alla detenzione. Che uno viene messo in semi-libertà, o agli arresti domiciliari ed è abbandonato a sé stesso. Ogni tanto passano magari i carabinieri a vedere se ci sei, ogni tanto devi andare da qualche parte a firmare qualcosa. Ma non c'è (o talvolta non c'è, o spesso non c'è) un apparato per il reinserimento, che aiuta a tornare gradualmente ad una vita normale e sorveglia che questo avvenga. Se c'è, sarebbe allora forse meglio chiedersi perché in certi casi non funziona. Se non c'è sarebbe bene che qualcuno lo dicesse, e si ragionasse su questo.

Lo dico così, da ignorante del mondo carcerario e di quello che ci gira intorno. Ma vorrei capire, e qui mi pare che nessuno aiuti, in questo.

[1]Il Ministero dell'Interno ha annunciato una inchiesta, ma noi non ne vedremo mai gli esiti sui giornali. E poi parte una inchiesta ogni volta, e i fatti le polemiche si ripresentano sempre uguali, segno che queste inchieste servono probabilmente a poco. O che non è lì il problema.

Sempre meglio che lavorare

Non ringrazierò mai abbastanza Arcimboldo che mi ha passato oggi l'indirizzo di questa pagina:

http://www.structuredprocrastination.com/

In qualche punto dell'articolo, sembra che stia per suggerire che la procrastinazione apre nuove vie e quasi nuove vite. (Giocare a ping-pong con gli studenti è meglio che preparare interventi e correggere le bozze, su tutti i fronti, ci dice. Quasi.)

Poi però rientra un po' nei ranghi, e ce la spiega come una tecnica furba per riuscire a fare le cose lo stesso, e come diventare bravi a fare quello che si deve fare pensando che ben altro ci sarebbe da fare, e ci sono questi trucchetti, etc.

Ma, insomma, sempre meglio che lavorare :-)

domenica 25 febbraio 2007

Self Cinema, ovvero adotta un film

Self Cinema, ovvero adotta un film

Il passaparola mi svela che esiste questo progetto “Self Cinema”, che intende trovare sale per distribuire bei film ignorati dai distributori. L'idea è di raccogliere i soldi dei biglietti in anticipo, e con quelli pagare sale per proiettare il film.

Mi sembra una bella iniziativa di autoorganizzazione, e di azione diretta per avere un cinema migliore. Forse può funzionare solo nelle città più grandi, ma appena torno a Roma giuro che mi compro un biglietto ;-)

Il film scelto per iniziare è L'estate di mio fratello.

Per saperne di più, http://selfcinema.it/

mercoledì 31 gennaio 2007

Professioni Borgesi

È ben noto che Borges attribuì a una certa enciclopedia cinese, la classificazione degli animali in:

  1. appartenenti all'imperatore,
  2. imbalsamati,
  3. addomesticati,
  4. maialini da latte,
  5. sirene,
  6. favolosi,
  7. cani in libertà,
  8. inclusi nella presente classificazione,
  9. che si agitano follemente,
  10. innumerevoli,
  11. disegnati con un pennello finissimo di peli di cammello,
  12. che fanno l'amore,
  13. che da lontano sembrano mosche.

Ieri sera, nel labirinto delle assicurazioni on-line per i ciclomotori, mi sono imbattuto nella seguente esaustiva classificazione delle professioni umane:

  1. agente di commercio
  2. agricoltore
  3. albergatore
  4. architetto
  5. artigiano
  6. attivita' non classificata
  7. avvocato
  8. benestante
  9. casalinga/o
  10. commercialista
  11. commerciante (generico)
  12. dimostratore scientifico
  13. dirigente
  14. docente/insegnante
  15. farmacista
  16. funzionario
  17. geometra
  18. impiegato/quadro
  19. imprenditore (generico)
  20. in cerca di occup.
  21. ingegnere
  22. libero professionista
  23. magistrato
  24. medico
  25. militare o assimilato
  26. notaio
  27. operaio
  28. paramedico
  29. pensionata/o
  30. persone giuridiche
  31. promotore finanziario
  32. rappresentante
  33. religiosa/o
  34. studente
  35. tabaccaio

Borges è vivo, e fa l'assicuratore!

giovedì 25 gennaio 2007

Parole dopo parole

È difficile mettere parole dopo parole.

C'è un'idea, un frammento, un'illuminazione; ma poi bisogna mettere le parole, una dietro l'altra, una dopo l'altra. Bisogna partire dall'inizio, e magari invece il frammento lo si deve collocare alla fine; ha bisogno di un'introduzione, un contesto, di un ambiente.

Tante cose restano lì, nella testa, niente più che abbozzi, complicati e forse impossibili da dire e da comunicare.

È difficile mettere parole dopo parole.

Ai poster l'ardua sentenza...

Gira per Roma questo manifesto della “Sinistra Giovanile” (sic), contro la pena di morte.

Il senso dovrebbe essere, credo, “molla chi [sostiene il] boia”. Ma vedendolo in giro, dagli autobus, passando, non l'ho capito. Mi ci sono dovuto fermare davanti, per decrittarlo.

Cosa volevano dire con l'adattamento dello slogan fascista? Volevano forse sottolineare la loro distanza dalle posizioni della destra, con il ribaltamento delle parole e del senso? Volevano attirare l'attenzione, soprattutto di chi non leggerebbe mai un manifesto della Sinistra Giovanile?

Volevano anche suggerire che il Boia non è altro che un burattino del potere, con l'immagine del pupazzetto di lego incappucciato?

Perplessamente scrivo...

Si vis pacem, para pacem

Trovo scritto all'inizio de “Lo Zen Macrobiotico” [1] di Georges Ohsawa:

«i popoli orientali, soprattuto quelli dell'Estremo Oriente, sono vissuti pacificamente per migliaia di anni fino all'arrivo della civiltà occidentale, così come il Giappone è sempre stato chiamato il paese della longevità e della pace.»

Questo è chiaramente falso: i popoli di Cina e Giappone hanno vissuto guerre devastanti ben prima dell'arrivo degli occidentali sulle loro coste.

Mi sembra significativa, però, questa autorappresentazione: se anche non è storicamente vero che i popoli orientali hanno vissuto nella pace e nella tranquillità, Ohsawa ci dice però che hanno elaborato una filosofia ed una visione della vita che aspira alla pace ed all'esistenza tranquilla e armoniosa, laddove in occidente il pensiero politico dominante ha sempre subordinato la pace alla guerra (“si vis pacem, para bellum”).

In un libro che è tutto un manuale su come avere una vita lunga e felice, Ohsawa dice anche (forse :-)) che chi vuole la pace deve pensare la pace. Non si arriva alla pace attraverso una guerra: l'idea deve precedere la sua realizzazione.

[1]Georges Ohsawa, “Lo Zen Macrobiotico o l'Arte del Ringiovanimento e della Longevità”, Edizioni La Pica, via Roma 22, Urbisaglia (MC), 2006

mercoledì 24 gennaio 2007

Adulti con pochi anni

La docente del corso a un certo punto sbotta:

E basta con questa storia che voi siete giovani! Voi non siete giovani! Siete adulti con pochi anni.

Nella stessa mattina, il giornale riportava un articolo su non so più quale ricerca sociologica che sostiene che oggi si diventa adulti a 35 anni.

Ancora un anno di gioventù, forse. Ma forse preferirei di no.

sabato 20 gennaio 2007

Tela Trans Terrestre

Curiosando un po', ho scoperto che la comunità dell' Interlingua/Latino sine flexione traduce “World Wide Web” con “ Tela Trans Terrestre ”.

Bello, no? È una traduzione fedele nel significato, e rispetta l'allitterazione dell'originale!

Perché non la usiamo anche in Italiano??

giovedì 18 gennaio 2007

In e Out

Leggo sul giornale di oggi delle discussioni sulla proposta di legge per permettere alle coppie di scegliere se dare ad un figlio il cognome della madre, del padre, o di entrambi.

Il giornale si dilunga a spiegare le varie possibilità; le commenta; riporta le soluzioni adottate negli altri paesi europei; intervista e riporta pareri.

Poi, in una frasetta sola sola, butta lì che non si “potrà più parlare” di figli naturali e figli legittimi, ma solo di “figli nati dentro il matrimonio” o “fuori del matrimonio”.

Quindi, tra breve, i figli saranno in o out. Come le giacche, i mobili scuri o i pantaloni a zampa di elefante.

Ma perché? Che differenza fa se un figlio è nato dentro o fuori il matrimonio? Non era il caso di farla finita con questa assurda distinzione e basta? Non venitemi a dire che è condiscendenza verso l'elettorato cattolico... non ci credo...

mercoledì 17 gennaio 2007

Brataccas

Internet è un luogo meraviglioso per ridare luce e nuovo smalto ai propri ricordi, per tirare fuori ogni singolo quadretto dalla soffitta della mente, ancora impolverato di nostalgia...

Ecco, io ricordo Brataccas, il primo gioco che ho avuto per il mio Atari ST, ed anche uno dei pochi che abbia mai terminato... :-)

Era arrivato in una custodia di plastica verde e nera, che conteneva il dischetto (da 720K, all'epoca bastava), con una etichetta verde e nera con scritto BRATACCAS in caratteri di macchina da scrivere (all'epoca ci si arrangiava), e un manuale con la copertina verde e nera, o, meglio, la traduzione del manuale (all'epoca non si parlava ancora inglese :-)).

You are now Kyne. Kyne is our hero. Si era uno scienziato, un ingegnere genetico (all'epoca, si era avanti, si era), accusato ingiustamente, e ci si era rifugiati in una base spaziale per dimostrare la propria innocenza.

Mo', un bambino inglese avrebbe letto nel manuale che “somewhere evidence must exist” ed anche “The evidence!!!!!! What is the evidence?”... Ma nel mio manuale, con la copertina verde e nera e il nome del rivenditore Francomputer (all'epoca, non si era pirati, diciamo piuttosto che c'era un circuito alternativo del software), questa frase era tradotta: “L'evidenza!!!!!! Cos'è l'evidenza???

Che rendeva tutto molto, molto, più filosofico, ammetterete. Brataccas non era più un videogioco con una trama standard a fare da sfondo a lunari schermate di azione e di esplorazione. Diventava un'avventura alla ricerca di un significato, che doveva essere sotto i nostri occhi ma che noi non sapevamo vedere. Era Zen, quasi.

Poi, un giorno, ho scoperto che l'evidenza erano dei documenti. Ho finito Brataccas. Quel giorno ho scoperto che “evidence” in inglese vuol dire anche “prova”. Quel giorno, credo, ho iniziato a diffidare sommessamente e sotterraneamente dei traduttori.

Però, nel frattempo, mi ero divertito :-).